Quello con il 27 Gennaio diventa di anno in anno un appuntamento sempre più importante e questa volta vogliamo celebrare la Giornata della Memoria parlandovi di Ginette Kolinka.
Lo scorso 9 Gennaio è uscito il libro intitolato “Ritorno a Birkenau”, edito Ponte alle Grazie, in cui l’autrice ripercorre il tremendo periodo di prigionia nei campi di concentramento, vissuto tra l’Aprile 1944 e il Maggio 1945.
La sua storia
Ginette Kolinka, nata Ginette Cherkasky, a Parigi il 4 Febbraio 1925, viene deportata insieme alla sua famiglia nel Marzo del 1944, quando ha 19 anni. Dapprima internati al Campo di Drancy (nord-est di Parigi), vengono successivamente trasportati con il convoglio n°71 al Campo di Auschwitz-Birkenau.
Suo padre (61 anni), suo fratello (12 anni) e suo nipote (14 anni) vengono immediatamente condotti alla Camera a Gas come conseguenza della prima selezione, che avveniva appena scesi dal treno. L’intento nazista era quello di far entrare nel campo solo gente in grado di lavorare come i minori di 15 anni perchè i maggiori di 45, sono considerati troppo deboli o troppo vecchi. Lei, invece, verrà selezionata per svolgere i lavori forzati e portata all’interno del campo.
A partire dall’Ottobre 1944 viene, invece, trasferita al Campo di Bergen-Belsen e infine a quello di Theresienstadt, dove vedrà la liberazione da parte degli Alleati. Verrà rimpatriata a Lione, e nel Giugno 1945 tornando a Parigi, potrà finalmente ricongiungersi con i membri della sua famiglia sopravvissuti all’olocausto.
È solo agli inizi del 2000 che Ginette decide di raccontare la sua storia: per molto tempo tiene sepolte dentro di sè le crudeltà viste e subite durante l’anno di prigionia. In una recente intervista andata in onda su RAI 3, spiega il motivo di questo suo silenzio:
«Il giorno in cui siamo stati liberati da Theresienstadt in Cecoslovacchia, immediatamente mi sono detta “Non racconterò mai quello che ho vissuto”. Non perchè non volessi parlarne, ma non volevo seccare le persone raccontando la mia storia. Non volevo annoiare non volevo tormentare perchè ricordavo dalla mia giovinezza quelle persone che per anni ci hanno imbottito la testa con i racconti davanti alla tavola apparecchiata. […] Ero rimasta segnata da quella storia e allora ho deciso di non parlarne. L’altra ragione è che io sono la sola della mia famiglia ad essere rientrata. Una decina di miei familiari: mio padre, mio fratello, mia sorella, cugini, zii, cognati, non sono più tornati. Io sono la sola. Non sappiamo nemmeno quando sono morti loro. […] »
Il libro di Ginette Kolinka
Tutto questo è racchiuso nelle pagine nude e crude del libro “Ritorno a Birkenau”; una voce dal passato che vuole aiutarci a mantenere viva la memoria di chi ha vissuto quella tremenda esperienza, che ha sconvolto e macchiato di sangue l’intera umanità. Oggi più che mai va ripercorsa e ricordata. Un passato che deve aiutarci a costruire un presente e un futuro migliori e più umani.
Come sostiene la stessa Ginette Kolinka:
«Sono entrata nei campi di concentramento perchè ero ebra, ero odiata e dovevo morire, e non sono certo concetti che ti infondono coraggio. Ma io non mi facevo troppe domande. Me le pongo adesso, certamente: come ho fatto a sopportare tutto questo?»
E la domanda che ci poniamo noi, invece, non solo il 27 Gennaio, ma tutti i giorni, è:
“com’è potuto accadere tutto ciò?“