Sempre più ragazzi usano gli strumenti di comunicazione telematica come WhatsApp in maniera errata o anomala. Desiderano scambiarsi informazioni e dire la loro.
Fino a che punto possono spingersi e a che prezzo?
Secondo la sentenza del giorno 8 ottobre 2019 del Tribunale di Caltanisetta, spetta ai genitori il compito di insegnare ai propri figli come usare WhatsApp e in generale i mezzi tecnologici, in modo tale che non siano dannosi per sé stessi o per gli altri. E ai genitori spetta anche il dovere di vigilare sulle modalità di utilizzo dello strumento.
Il fatto
Un ragazzo, in concorso con altri minori, ha molestato mediante l’invio di messaggi via WhatsApp, una coetanea. La ragazza ha così iniziato a vivere in un grave e perdurante stato d’ansia e paura per la sua incolumità e quella dei suoi familiari.
Le condotte di molestia sono state tenute dai ragazzi per motivi futili e abbietti e sono state ripetute nel tempo.
La tutela dei minori secondo il Tribunale di Caltanisetta
Rifacendosi alla Corte di Cassazione, III sez. civ. n. 19069 del 5 settembre 2006, che affermava la necessità di tutelare il minore all’interno del mondo della comunicazione usando come puntello l’art. 16 della Convenzione dei Diritti del Fanciullo, il Tribunale di Caltanisetta stabilisce che i minori, in quanto soggetti per i quali è ancora in corso il processo di formazione, vanno messi in guardia dai pericoli della rete.
L’opera di formazione e informazione in merito alle modalità di utilizzo e ai pericoli che si possono incontrare in rete deve provenire in primo luogo dai genitori, a prescindere dalle competenze digitali più o meno spiccate di ognuno.
La responsabilità genitoriale si articola dunque, nell’impartire una corretta educazione digitale e non e nel vigilare i comportamenti reali e gli atti compiuti dai propri figli attraverso i vari strumenti di comunicazione.
L’educazione deve impedire che i ragazzi provochino danni a sé o a terzi attraverso i vari mezzi di comunicazione digitale. Infatti, l’uso anomalo di WhatsApp può ledere la dignità di soggetti, il cui sviluppo psicofisico viene messo in pericolo.
D’altra parte, i genitori devono verificare che i propri figli abbiano acquisito quel sistema di valori tale da impedire condotte deplorevoli. Solo attraverso la vigilanza si possono prevenire situazioni rischiose derivanti dall’incontrollabile quantità di contenuti che invadono la rete.
Come già affermato dal Tribunale di Teramo, la limitazione sia qualitativa che quantitativa all’accesso a WhatsApp o ai social, rientra nelle misure di vigilanza da attuare.
La decisione
Così allo scopo, ormai evidente, di prevenire il ripetersi di un uso inadeguato del mezzo di diffusione, il Tribunale di Caltanisetta decide di sottoporre il minore e la madre, unico soggetto esercitante la potestà genitoriale sul ragazzo, a monitoraggio e a supporto da parte del Servizio Sociale per verificarne le capacità educative e di vigilanza.