Ormai tutti avete ritirato la pagella dei vostri piccoli frequentanti la scuola primaria e avete notato la differenza con gli anni passati. I numeri che esprimevano la valutazione sono stati soppiantati dai giudizi descrittivi.
Per ogni materia di studio, i giudizi descrittivi messi nero su bianco sono: base, intermedio e avanzato. Essi si riferiscono agli obiettivi oggetto di valutazione e ai differenti livelli di apprendimento raggiunti. Sono stati introdotti con l’ O.M. 172 del 4 dicembre 2020 in esecuzione del D.L. 22/2020.
I giudizi descrittivi si esprimono attraverso le parole:
- In via di prima acquisizione che parla da sé;
- Base che si riferisce all’alunno che sta iniziando a costruire le basi per aumentare le sue competenze e conoscenze;
- Intermedio che si usa per l’allievo in possesso di basi solide che sa superare le sfide sottoposte grazie all’aiuto dell’insegnante;
- Avanzato che vale per il bambino che ha acquisito sicurezza, autonomia e che arriva al traguardo da solo magari condividendo le sue conoscenze con gli altri e aiutando i compagni di scuola.
Queste parole sostituiscono i voti e si riferiscono a diversi obiettivi che sono dettagliati e specifici di ogni materia.
Ma cosa ne pensano genitori e insegnanti dei giudizi descrittivi?
Secondo qualche mamma, anche se il numero che esprime il voto è di più immediata comprensione per tutti, non è vero che il bambino non ottiene soddisfazione, anzi…
Diversamente c’è chi dice che si tratta di una innovazione assolutamente non necessaria, incomprensibile e che impedisce al bambino di comprendere se ha studiato oppure no, quindi non lo si responsabilizza.
Nel personale docente c’è chi come la maestra Sonia Carito, insegnante di italiano alla Ilaria Alpi di Torino, afferma: “Ogni scuola può scegliere i propri obiettivi e i criteri di attribuzione dei livelli. L’uso dei giudizi descrittivi consente una valutazione formativa che promuove le capacità del bambino e lo aiuta a superare le difficoltà. Questo tipo di valutazione non classifica, ma rende il bambino consapevole dei suoi punti di forza. Cari genitori non chiedete ai vostri figli che voto hanno preso a scuola. Chiedete loro cosa hanno imparato e in cosa si sentono poco sicuri.”
Ci sono ancora delle criticità
E chi come Silvana Schirripa, insegnante di italiano alla Novaro nel quartiere di Barriera di Milano nella periferia torinese, dichiara: “Settimane fa temevo le parole ” livello di apprendimento”, ma ho iniziato a sorridere al solo pensiero quando i bambini li hanno paragonati ai livelli di un videogioco (tipo play-station). Ecco non proprio! I livelli sono riferiti agli esiti raggiunti dal bambino nei diversi obiettivi delle discipline; obiettivi che permettono di elaborare un giudizio descrittivo ben articolato, a differenza di un voto numerico alla disciplina nel suo complesso (piuttosto dispersivo per le famiglie) che veniva assegnato con la ormai “vecchia valutazione”.
A mio parere questa articolazione consente di valorizzare gli apprendimenti dell’alunno, riesce ad evidenziare i punti di forza e magari potenziarli ulteriormente. Può anche precisare aspetti deboli, ma che si debbono leggere come punti di partenza per successivi sviluppi. Io avrei però, aggiunto un livello in più per una maggiore apertura alle potenzialità dell’alunno.
Tutti i genitori hanno bisogno di tempo, ma se ben spiegata e promossa la nuova valutazione sarà apprezzata da bambini e famiglie e diventerà davvero uno strumento utile. Continuo anche a riflettere sulle criticità di questa impostazione nel caso di alunni con disabilità o altri bisogni educativi speciali. Debbo, sull’argomento, ancora sciogliere alcune riserve, temo eccessive differenziazioni.“.
Forse occorre solo un po’ di tempo. Forse basterebbe non essere fermi sulle posizioni dettate dal Ministero e in altra sede far capire all’allievo e alla sua famiglia che il suo impegno è sempre apprezzato. Forse…