Billy Elliot, il commovente film che narra la storia di un bambino di 11 anni e del suo amore per la danza, compie 20 anni!
È stato diretto da Stephen Daldry nel 2000 ed è stato ispirato dalla storia del ballerino Philip Mosley.
Billy Elliot, orfano di madre, vive a Nord di Londra con il padre e il fratello, entrambi minatori, in un clima di pieno sciopero sindacale, e si occupa della nonna con la demenza senile.
Comincia ad allenarsi molto duramente, incoraggiato da Mrs Wilkinson, la sua insegnate, guida solida e preziosa e dal suo amico Michael, con il quale sperimenterà i primi sentimenti.
Il padre, dopo aver visto, per caso, una sua esibizione, decide di supportarlo. Nonostante il momento economico critico e grazie ad una colletta da parte dei suoi colleghi, lo spinge a sostenere, superandolo, l’esame presso una prestigiosa Accademia di ballo, la Royal Ballet School di Londra.
La madre è come se fosse presente, per l’intero ciclo narrativo, con tutta la famiglia e, in modo speciale, per Billy. Nel corso degli anni, infatti, ha cementato le basi della sua autostima e gli ha insegnato ad apprezzarsi. La sua ultima lettera è un testamento d’amore nei confronti del figlio: “Sii fedele al tuo modo di essere!”.
In Billy Elliot emergono diversi temi psicologicamente interessanti ed attuali.
Billy entra in una delle fasi di crescita più delicate e complesse, l’adolescenza, con tutte le sue dinamiche ed equilibri. Da bambino si trasforma in un ragazzo e assiste ai cambiamenti del suo corpo, della sua mente e delle sue emozioni.
Sviluppa interessi che crescono parallelamente alle sue evoluzioni e alla resistenza a un ambiente dapprima ostile e timoroso delle “diversità”.
Si apre un dilemma nella mente del ragazzo: come fare la scelta giusta? Seguire la strada che il contesto conservatore ha imposto oppure il cuore?
Il giudizio e il pregiudizio sono fattori piuttosto potenti, in grado di castrare anche gli intenti più forti. La decisione giusta, spesso, è quella più difficile, soprattutto a livello emozionale.
Il cambiamento di Billy Elliot fa da filo conduttore alla storia, ma anche quello dell’ambiente e della famiglia. Dinanzi a tanta passione e resilienza anche il contorno non può far altro che plasmarsi di conseguenza. Il lutto per la perdita della mamma, i soldi che mancano, una nonna che non è più autonoma, i tempi colmi di preconcetti e il delicato tema dell’identità sessuale, in periodi non esattamente maturi, sono fatti che portano i personaggi alla resilienza.
Si passa dall’opposizione e negazione al supporto e al riconoscimento. Si va oltre ai target sociali e antropologici e si assiste a uno sforzo emotivo e psicologico di rilievo del padre, del fratello e della collettività.
Nella scena finale, 14 anni dopo, la famiglia di Billy va a vedere un suo spettacolo, al Covent Garden di Londra. E’ primo ballerino ne “Il Lago dei Cigni”. Quando entra in scena e comincia a ballare gli occhi del padre si riempiono di lacrime. I suoi sacrifici sono serviti e suo figlio può esprimere tutto se stesso, nella sua essenza più profonda.
Billy Elliot fa sognare e riflettere
Anche in condizioni complesse, apparentemente impossibili, i sogni si possono realizzare, con impegno, dedizione e perseveranza.
Billy si fa trasportare dalla curiosità e dal suo istinto, riuscendo a superare gli stereotipi inculcati a livello sociale.
Si dedica senza sosta, allenandosi continuamente, al raggiungimento dei suoi obiettivi, anche quando non sembra ricevere alcun consenso. Spezza i pregiudizi, argina l’ignoranza, accorcia le distanze sull’identità di genere e sull’omosessualità.
Billy Elliot ci consente di sperare, consapevoli che non si dovrebbe mai rinunciare alla propria autenticità.
Come nel film:
In ognuno di noi c’è un talento che aspetta di essere tirato fuori!
Tornate a sognare guardando questo stralcio https://www.youtube.com/watch?v=6zWdvZ6ANYs
Foto di copertina www.deejay.it