Quello tra l’universo femminile e il mondo del lavoro non è mai stato un matrimonio facile. Non si tratta di vittimismo, bensì di una triste constatazione che parte da un’oggettiva analisi dello stato di fatto della donna lavoratrice.
«La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.»
La donna nel dopoguerra
Questo è quello che, nel 1948, recita l’Articolo 37 della nostra Costituzione. Sebbene si sottolinei che Donna e Uomo devono avere pari diritti e medesime retribuzioni, in quegli anni la realtà è ben diversa. Molte donne vengono espulse dai propri ambienti di lavoro, o peggio sfruttate. La disparità salariale, inoltre, è sempre più evidente al punto che il lavoro di una donna viene valutato fino al 50% in meno di quello di un uomo. Tale criterio verrà abolito solo nel 1964.
Lo sfruttamento, nella sua massima espressione, lo si ha con le braccianti, costrette a lavorare nei campi per molte ore al giorno, senza alcun diritto, nè tutela sanitaria. Le raccoglitrici di olive, ad esempio, passano anche 10 o 12 ore nei campi per un guadagno di 300 Lire al giorno. Spesso lavorano scalze perchè troppo povere per permettersi delle scarpe, e si ritrovano a dover trasportare a piedi il raccolto fino al frantonio. Potevano, infatti, sperare di ottenere maggiori sussidi solo se percorrevano almeno 20 chilometri al giorno.
Bisognerà aspettare gli anni del boom economico per iniziare a vedere un maggiore impiego della forza lavoro femminile all’interno delle fabbriche. Anche in questo caso, però, sono penalizzate dalla mancanza di qualifiche professionali e per questo guadagnano fino al 30% in meno rispetto ai colleghi uomini. Fino al 1963, inoltre, verrà mantenuta la Clausola di Nubilato, che prevedeva la possibilità di licenziamento per le donne che erano intenzionate a sposarsi.
Il lavoro negli anni ’60
Questo accade perchè il modello femminile della società italiana dell’epoca, vuole la donna a casa ad occuparsi delle faccende domestiche e dei figli. Dal momento che il lavoro femminile è ancora socialmente poco accettato, la maggior parte delle leggi e delle riforme tendono a scoraggiarlo.
Negli anni ’60 a lavorare, infatti, sono solo il 32% delle donne. Nel 1963, però, anche le casalinghe vogliono la loro parte. Manifestando a Montecitorio richiedono ed ottengono una legge sulla pensione delle casalinghe, che resterà (ahimè) molto lacunosa.
Verso la fine degli anni ’60, lo sviluppo del settore terziario e l’aumento della scolarizzazione, generano un cambiamento importante nella sfera del lavoro femminile, creando occupazione per almeno 1/3 delle donne che lavorano. Il lavoro femminile inizia, così, ad includere anche cariche e mansioni negli uffici pubblici, senza limiti di carriera.
Il lavoro durante le proteste femministe
È solo negli anni ’70, però, che arriva la vera svolta. Nasce una nuova coscienza di genere che sfocia nelle proteste femministe. Da qui al 1975 si otterrà la riforma del diritto di famiglia, che renderà paritaria la figura della donna all’interno del nucleo famigliare. Questo sarà solo il punto d’inizio per la rivoluzione sulla legislazione del lavoro.
Un percorso davvero lungo e contorto, quello dell’affermazione femminile all’interno del mondo del lavoro, ma oggi le cose vanno davvero meglio?
Certo, grazie alle lotte femministe noi Donne abbiamo raggiunto molti traguardi che solo nel secolo scorso sembravano irraggiungibili, ma la verità è che ci sono ancora molti passi avanti da fare.
Quante volte vi siete sentite chiedere ad un colloquio di lavoro se siete “fidanzate”, “sposate” o “conviventi”?
E quante volte vi siete sentite chiedere se avete dei figli? Inutile dire che in sede di colloquio nessuna di queste informazioni riguarda le competenze lavorative richieste dalla mansione alla quale vi state candidando.
E la parità di retribuzione, esiste veramente?
Sicuramente ci saranno diverse realtà in cui essere una donna e poter sperare di avere una carriera soddisfacente e appagante non è un obiettivo impossibile, ma purtroppo esistono ancora tanti (forse troppi) casi di discriminazione di genere sul posto di lavoro. La strada è ancora molto lunga e tutte le battaglie vinte nel passato devono fare da trampolino di lancio per quelle del futuro.
Non so voi, ma a me piacerebbe poter regalare ai miei futuri figli un mondo in cui anche le donne possano affermarsi professionalmente senza dover correre una maratona ad ostacoli.