Scattare fotografie ad una persona senza il suo consenso in un luogo pubblico, può costituire il reato di molestia o disturbo alla persona e il telefono cellulare con il quale viene fatta la ripresa fotografica o il video può essere sequestrato.
A dirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9446 depositata il 24 maggio 2018, rigettando il ricorso di un uomo sottoposto ad indagini che voleva ottenere il dissequestro probatorio del cellulare con cui aveva eseguito le fotografie.
Il fatto
Un signore di Palermo seduto su una carrozzina per disabili, all’interno di un Centro Commerciale, è stato colto, dagli addetti alla sicurezza, nell’atto di riprendere con il suo cellulare una giovane donna.
La denuncia veniva presentata dagli addetti sopra citati perché la donna non si era accorta di nulla. Di conseguenza veniva ipotizzato di reato di molestia o disturbo alla persona di cui all’art. 660 c.p..
Nel corso delle indagini veniva sequestrato il cellulare dell’uomo indagato al fine di accertare la presenza sul dispositivo di fotografie che ritraevano la donna.
Il riesame proposto dall’indagato
L’indagato proponeva ricorso per ottenere il riesame dell’ordinanza di sequestro probatorio del cellulare. La richiesta di annullamento si basava sulla mancanza di presupposti per l’applicazione della contravvenzione visto che l’art. 660 c.p. prevede che la condotta punibile rechi disturbo o molestia, ma la giovane donna non si era accorta dell’accaduto.
La decisione della Cassazione
Appreso che l’uomo ammetteva di aver scattato alcune sporadiche fotografie delle quali la donna non si era accorta e che in base a questo lo stesso sosteneva di non aver leso il bene giuridico tutelato dall’art. 660 c.p. cioè la “tranquillità personale”, i giudici hanno spiegato l’obiettivo della norma.
Il reato di cui si parla mira a perseguire tutte quelle condotte idonee a provocare nelle persone offese reazioni di disgusto o di ribellione o violente, perciò tali da compromettere l’ordine pubblico. In quest’ottica il mezzo con cui avviene il turbamento della sicurezza e della tranquillità dei consociati, ossia il telefono, costituisce il mezzo attraverso il quale raccogliere le prove del reato.
Per queste ragioni il ricorso è stato rigettato e il cellulare è rimasto nelle mani degli inquirenti per il prosieguo delle indagini.
Fonte: http://juriswiki.it/provvedimenti/sentenza-corte-di-cassazione-penale-i-9446-2018-it