Quanta nostalgia del teatro. È sempre stato uno dei momenti di condivisione più amati dalla nostra redazione. Ne abbiamo parlato molto, abbiamo spesso presenziato a rassegne e spettacoli di ogni sorta, e chissà quando potremo farlo di nuovo.
La chiusura forzata di tutti i nostri teatri ci fa pensare alle rappresentazioni passate, come ad un ricordo ormai lontano. Non perdiamo, però, la speranza, e nell’attesa di tornare a sederci in platea, abbiamo pensato di parlare di alcuni personaggi creati dalla penna di chi del teatro ha fatto la propria casa: Henrik Ibsen.
Drammaturgo, poeta e regista teatrale nella Norvegia del secondo Ottocento, Ibsen riesce a creare delle figure femminili assolutamente fuori dagli schemi per l’epoca in cui vive. Ed è proprio sulle sue donne che vorremmo soffermarci.
Il personaggio femminile di Ibsen è apparentemente controllato e tradizionalista, ma si rivela in realtà estremamente moderno ed attuale, avendo uno scontro molto forte con l’universo maschile. Ciò che aiuta a mettere in rilievo la modernità della donna ibseniana è proprio il contesto socio-culturale nel quale essa vive.
Si tratta di un ambiente retrogrado, antico e conservatore. Un mondo nel quale la donna borghese è normalmente repressa, ma accetta di buon grado il posto che le è stato assegnato.
Nonostante quest’arcaicità, le figure femminili si rivelano moderne ed esprimono la loro sofferenza, rifiutandosi di accettare inermi il ruolo che la società impone, e cercano una propria personalissima realizzazione.
La caratterizzazione psicologica delle donne di Ibsen
La forte caratterizzazione psicologica di ciascuna donna creata dalla penna di Ibsen, è senza dubbio il punto chiave del suo teatro.
Ne è un valido esempio la celebre opera Una casa di bambola, la cui protagonista femminile è Nora.
Il dramma, pubblicato nel 1879, suscitò grande clamore all’epoca.
Nora infatti, è l’emblema di un modello protofemministico del tutto nuovo per la concezione del tempo, in cui era impensabile che una donna potesse scegliere di emanciparsi autonomamente.
Nora prende in mano il proprio destino: vuole essere considerata una “donna”, non una “bambola”. Lo fa addirittura rifiutando il suo ruolo di madre.
Nora in Germania
L’opera destò talmente tanto scalpore che, in occasione di una rappresentazione tedesca, dovendo avere a che fare con un’attrice che si rifiutava di impersonare una madre da lei ritenuta snaturata, Ibsen accettò di modificare il finale. Per quell’occasione, fece cambiare idea a Nora che (in quella versione) decide di rimanere a casa.
Il vero finale, invece, prevedeva l’abbandono da parte della protagonista del tetto coniugale, lasciandosi alle spalle figli e marito. Saranno le varie vicissitudini del dramma a portare Nora fuori casa, e a vivere anche la maternità come un’ennesima violenza subìta dall’arroganza e dallo strapotere del marito.
Nel suo immaginario è necessario liberarsi anche di quest’ultimo affronto alla sua figura di donna, per riprendere in mano la propria vita.
Il suo volontario allontanamento dal tetto coniugale, dopo aver lungamente discusso con il marito, è sintomo di questa sua inattaccabile decisione.
Nora è solo uno dei tanti esempi che si potrebbero citare per mostrare la complessità del personaggio femminile di Ibsen. Certo è che il teatro permette di dare un volto e una voce a tutte queste donne, rendendole reali e vicine alla nostra quotidianità.
Siamo certe che i sipari potranno presto riaprirsi, e non vediamo l’ora di consumarci le mani a suon di applausi.