Il Sant’Anna è stato per molti anni, ed ancora è, il riferimento per gravidanza e parto – e per tutte le patologie specifiche delle donne – a livello Regionale.
Tuttavia, oggi in tutto il mondo occidentale questo modello di “stand alone women hospital” non è più accettato, in quanto non sicuro per madre e feto. Ricordiamo che quando si parla di gravidanza sono in cura due soggetti, la madre e il feto.
Lasciare il Sant’Anna dov’è nel momento in cui si costruirà un nuovo ospedale sarebbe quindi antistorico. I motivi per cui i reparti di ostetricia e ginecologia devono essere collocati all’interno di un Policlinico, come sarà il Parco della Salute, sono almeno tre.
Sicurezza per le donne
Già oggi le donne ricoverate al Sant’Anna che necessitano in urgenza dell’intervento di altre discipline (ad esempio cardiochirurgia, chirurgia vascolare, radiologia interventistica) devono essere trasferite in ambulanza ad un altro ospedale.
In alcuni casi questo rappresenta soltanto un aggravio organizzativo. In altri significa mettere a rischio la vita della donna. La multidisciplinarietà è indispensabile per il trattamento adeguato delle patologie.
Se già oggi è difficile garantirla nell’ambito della Città della Salute, con le Molinette ed il CTO dall’altra parte della strada, diventerà altamente improbabile quando tutte le specialità necessarie saranno collocate nel Parco della Salute, a distanza dal Sant’Anna.
Per quanto riguarda l’ostetricia bisogna anche considerare che la popolazione delle gravide a cui garantire un’assistenza adeguata sarà diversa e più complessa dal punto di vista clinico nel prossimo futuro. In prospettiva il numero di gravidanze continuerà a diminuire (da 37000 a 30000 fra il 2006 ed il 2016).
Diminuisce la popolazione in età riproduttiva e non aumenta il tasso di fecondità (Report Nascere in Piemonte. Percorso Nascita Regionale, 2018).
Tuttavia, la percentuale di gravidanze a rischio e patologiche continuerà ad aumentare (attualmente intorno al 30% di tutte le gravidanze). Aumentano l’età materna al concepimento, l’obesità, le gravidanze gemellari, le gravidanze da fecondazione assistita, le donne con patologie anche gravi che desiderano una gravidanza e le gravidanze dopo un taglio cesareo.
Queste gravidanze devono essere trattate in un ospedale dove siano disponibili tutte le specialità mediche e chirurgiche. I dati oggi disponibili sulla mortalità materna lo dimostrano (Donati S, 2011; 2018).
Obsolescenza della struttura
Il Sant’Anna è stato costruito nel 1943, quindi nello stesso periodo delle Molinette (inaugurate nel 1935) e presenta le stesse criticità strutturali delle Molinette.
Non si capisce perché si debbano adottare due pesi e due misure.
Per le Molinette i problemi strutturali richiedono l’abbandono della vecchia struttura, ed il trasferimento nel costruendo Parco della Salute, per il Sant’Anna no.
Criticità per i professionisti
Lavorare in un ambiente isolato, senza il continuo confronto con i colleghi esperti di altre discipline, senza accesso a laboratori di elevata competenza, comporta certamente una mancanza di opportunità di crescita culturale e professionale per tutti coloro che lavorano al Sant’Anna.
Non si potrà aspirare all’acquisizione, per chi lavora al Sant’Anna, di nuove tecnologie che richiedano approcci complessi e legati a capacità tecniche specifiche (vedi ad esempio l’evoluzione della strumentazione per la radiologia).
Nè sarebbe razionale comperare per il Sant’Anna strumentazioni costose in quanto non potrebbero essere sfruttate pienamente per l’utilizzo esclusivo in ginecologia e ostetricia (vedi robot per la chirurgia).
Infine non deve essere sottovalutato il rischio per gli operatori derivante dal lavorare in condizioni di non sicurezza (come anticipato nel primo paragrafo).
Tutto questo non significa sottovalutare la questione dell’ospedale pediatrico, che deve mantenere le sue caratteristiche di ospedale generale per i bambini.
Tuttavia la giusta esigenza di non perdere, con la costruzione del Parco della Salute, una eccellenza della sanità Piemontese come il Regina Margherita, non deve andare a scapito della qualità dell’assistenza per le donne.
Osservazioni della Dott.ssa Tullia Todros inviateci lo scorso 2 dicembre 19