Negli ultimi giorni si sono rincorse voci di governo sulla riattivazione dello smart working nelle P.A. e sull’incentivo al totale utilizzo dello stesso all’interno delle imprese private. Bisogna contrastare la diffusione della variante omicron, ma se l’altra faccia della medaglia è la modalità di lavoro agile, questa potrebbe non andare bene per tutti.
Scopriamo insieme altri aspetti dello smart working, per chi e come mai non funziona.
In alcuni ambienti di lavoro lo smart working non funziona anche per la percezione della collettività.
I liberi professionisti e gli impiegati degli studi professionali non possono lavorare in smart working perché le persone che necessitano della loro assistenza e/o consulenza non ammettono distanza tra loro e il consulente.
Sono ancora refrattarie all’idea di esporre i loro problemi e le loro esigenze via mail o al telefono.
Desiderano incontrare e parlare a quattr’occhi con l’avvocato, il commercialista, il notaio o il consulente del lavoro.
Desiderano affidarsi con fare gentile al collaboratore o alla collaboratrice di studio confidando nella sua celerità e magari precedenza rispetto ad altri clienti convinti che il loro problema sia più urgente e grave di qualunque altro.
Smart working, per chi e come mai non funziona
Negli studi professionali è ancora diffusa la carta.
I clienti hanno sempre pile e pile di fogli da mostrare e tra i quali cercare quello che è effettivamente utile come prova o per l’elaborazione delle dichiarazioni dei redditi o per vendere o acquistare casa.
Hanno sempre un aneddoto rilevante da non poter proprio raccontare attraverso un filtro come il telefono o il computer.
I più anziani poi, in alcune zone della città o nei paesi di provincia passano ancora per chiedere a che punto è la loro pratica o se è pronta la copia di un atto.
Riuscite a immaginare cosa voglia dire per chi deve rispondere mentre sta tentando di portare a termine un atto da depositare in tribunale o da stipulare o da registrare o da comunicare all’Agenzia delle Entrate piuttosto che un altro ente pubblico?
Forse no.
Riuscite a immaginare quante volte può squillare il telefono per una domanda o ricordare qualcosa o ricevere indicazioni sulla procedura da seguire anche se sono già state date?
Forse no.
Ora immaginate se tutto questo dovesse essere fatto da casa, magari usando il proprio cellulare personale.
Immaginate se non ci fosse alcun filtro dato anche da una targa che riporta gli orari di apertura.
Si sa bene che un cliente che percepisce indisponibilità è perso. Andrà a cercare un collega privo della necessità di imporre dei limiti.
Allora mi chiedo se non è forse giunto il momento di iniziare a convivere con questo virus… Occorre tentare di riacquistare ciascuno i propri spazi perché non siamo diventati tutti più resilienti.