Lingua inglese, i dati della ricerca EF. Italia 34°

L’Istituto EF- Education First, leader internazionale per la promozione di corsi di lingua all’estero, viaggi studio e scambi culturali raccoglie ogni anno i dati che riguardano la conoscenza dell’inglese nel mondo. Lo strumento utilizzato è il risultato ottenuto ad un test standardizzato che misura la lettura e la comprensione orale, eseguibile on line da chiunque sia interessato a conoscere il proprio livello di lingua inglese (https://www.efset.org/it/). Ogni anno oltre un  milione di persone lo eseguono, fornendo una enorme banca dati per conoscere il cosiddetto indice di conoscenza della lingua inglese (EPI – English Proficiency Index). La classifica è divisa in cinque fasce: quella dei paesi dove la conoscenza dell’inglese è alta (B2 secondo il Quadro Comune Europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue), quelle in cui è buona, media e bassa (tutti B1), e quella in cui è molto bassa (A2). Dai dati più recenti (https://www.ef-italia.it/epi/) l’Italia risulta al 34° posto su 88, nella fascia della conoscenza media, preceduta inaspettatamente da paesi come India, Nigeria e Corea del Sud, mentre tra i primi dieci posti troviamo la Svezia e altri sei Paesi del Nord Europa, oltre a Singapore, Sud Africa e Slovenia.

Tra i 27 Paesi – riporta il sito EF – che in quest’ultima edizione dell’indice sono ad un livello buono o alto di conoscenza dell’inglese, 22 sono in Europa. Questo successo riflette decenni di politiche efficaci. Tra queste il programma Erasmus permette ogni anno ad oltre 700.000 studenti e insegnanti europei di trasferirsi all’estero per studiare. Dopo due anni la Svezia è tornata al primo posto, nonostante negli ultimi cinque anni abbia accolto più rifugiati pro capite rispetto a qualsiasi altro Paese europeo. La Svezia ha inoltre ottenuto il primo posto per i livelli di innovazione in risorse umane, investimenti e risorse intellettuali. Gli scandinavi, nel complesso, hanno livelli di inglese molto elevati, grazie a solidi sistemi di istruzione, esposizione quotidiana all’inglese nei mass media e una radicata cultura all’insegna dell’internazionalismo.

E’ interessante anche notare l’alto livello di conoscenza della lingua inglese nei Paesi dell’Europa centro-orientale che, grazie ai costi relativamente bassi, stanno diventando un polo di attrazione per gli investimenti e registrano tassi di disoccupazione molto bassi a fronte dell’aumento del potere d’acquisto.

L’Italia e la Francia, invece, hanno visto crescere il livello di conoscenza della lingua inglese tra gli adulti rispetto all’anno scorso, ma in misura non sufficiente a cambiare le loro posizioni nella classifica regionale: il divario nella conoscenza dell’inglese dalla Svezia è di oltre 15 punti, accompagnato da iniziative di protezione delle lingue nazionali.

E se queste informazioni vi hanno incuriosito, vi invito a leggere direttamente sul sito EF le altre interessanti analisi collegate alla conoscenza della lingua inglese in Europa e nel resto del mondo: https://www.ef-italia.it/epi/regions/europe/

L’insegnamento dell’inglese ha quindi una forte priorità, ma…come si impara una lingua?

Prima di procedere, facciamo anzitutto chiarezza su alcuni termini.

Per bilinguismo  s’intende una condizione di conoscenza ed uso alternativo di due lingue, che può essere:

Precoce e simultaneo → quanto le due lingue sono compresenti dalla nascita o entro i primi 12 mesi.

Precoce e consecutivo → quando la seconda lingua (L2) viene introdotta dopo i 3 anni, ossia dopo l’acquisizione della lingua madre.

Tardivo → quando il contatto con la L2 inizia dopo i 6-8 anni.

Si distinguono inoltre un Bilinguismo equilibrato, in cui l’esposizione alle due lingue avviene per lo stesso periodo di tempo ed entrambe vengono utilizzate indifferentemente (tipica condizione di genitori con lingue madri diverse in cui ciascuno utilizza la propria lingua per comunicare con i figli) e Bilinguismo dominante, in cui una lingua primaria si indebolisce a favore dell’altra (ad esempio con l’introduzione in un ambiente monolingue per un tempo maggiore rispetto alla lingua madre, come avviene per i bambini stranieri che iniziano a frequentare la scuola).

Occorre anche distinguere i casi in cui l’apprendimento della L2 comporti la perdita di competenze nella lingua madre perché non si tratta della lingua dominante nel contesto sociale, come avviene nel caso di trasferimento della famiglia in un Paese straniero. Bambini di origine straniera nati in Italia, acquisiscono l’italiano come lingua seconda quando cominciano la scuola materna e diventa presto la lingua dominante per cui accade che comprendano bene la lingua di origine, ma continuino ad esprimersi in italiano anche in famiglia.

Diversamente avviene quando la lingua seconda non comporta l’erosione della lingua materna, ma costituisce un bagaglio linguistico parallelo e disponibile a seconda del contesto, come accade per i bambini che frequentano scuole con prevalenza di L2, ma nell’ambiente sociale e familiare continuano ad usare la lingua di origine.

Esistono molti studi scientifici sugli effetti dell’esposizione e dell’apprendimento di più lingue, come sulle modalità in cui le stesse siano organizzate a livello cerebrale. Alcune teorie propendono per una organizzazione parallela e distinta dei suoni (livello fonologico), del vocabolario (livello semantico-lessicale), delle regole di costruzione frasale (livello morfo-sintattico) e delle componenti relazionali del linguaggio (livello pragmatico-comunicativo). Altre teorie ritengono che il patrimonio linguistico di L1 e L2 comporti una integrazione delle competenze, ma l’acquisizione proceda con ritmi e per livelli differenti.

Da queste poche informazioni credo sia evidente la complessità dell’argomento e le molteplici sfaccettature che vanno dai tempi di acquisizione, ai disturbi di linguaggi in bambini bilingue, alle problematiche che riguardano l’apprendimento di una L2 in età adulta (si pensi per esempio ai milioni di persone di origine latina che apprendono l’inglese in età adulta quando si trasferiscono negli Stati Uniti).

 

Iscrizioni scolastiche alla primaria: scuola inglese… or not? Qualche indicazione del logopedista per una scelta attenta.

Anche in Italia sono ormai presenti alcune scuole che, con le dovute specificità, propongono l’apprendimento della lingua inglese in parallelo con l’avvio del percorso scolastico primario. Esse si differenziano dalle scuole primarie tradizionali per il numero di ore e la tipologia di metodo di insegnamento della lingua inglese, in contesti di Istituto privato o paritario.

Mentre nella scuola tradizionale pubblica sono previste in media 2 ore di lingua straniera alla settimana con insegnanti generalmente italiani, nelle scuole inglesi si frequentano lezioni di tutte le materie con insegnanti anglofoni, per circa 8 ore al giorno compresi gli intervalli, il pranzo e le attività.

Mettendo insieme la necessità di sviluppare maggiormente la conoscenza dell’inglese come fanno i bambini del Nord Europa e l’età in cui si decide di incrementare molto l’esposizione alla lingua inglese, dobbiamo fare però ancora qualche considerazione.

E’ importante considerare alcuni fattori che derivano sia dalle caratteristiche delle due lingue che dalle specificità dello sviluppo linguistico del bambino nel particolare momento dell’apprendimento della letto-scrittura:

  • L’italiano ha caratteristiche linguistiche diverse dall’inglese:

 

CARATTERISTICA ITALIANO INGLESE EFFETTI
Numero fonemi 30 (di cui 7 vocali) 53 (di cui 27 vocali) Maggiore complessità di analisi fonologica e spelling.

 

Unità fonetica minima Sillaba Fonema L’analisi fonologica deve essere a livello di singolo fonema (spelling).

 

Numero lettere alfabetiche

 

21 26
Numero grafemi, digrammi e trigrammi  

30

 

 

>300

Maggiore complessità ortografica, tempi più lunghi per l’acquisizione.

 

Forma ortografica delle parole Sillabica Complessiva Necessità di acquisire la forma ortografica delle parole intere (non posso scrivere analizzando parti più piccole delle parole).

Impossibilità di seguire una progressione in lettura e scrittura, dalla sillaba piana al gruppo consonantico.

 

 

L’inglese è una lingua a minor trasparenza fonetica, ossia a parità di suono (fonema) ci sono molte possibilità di trascrizione.

L’ortografia è più complessa ed irregolare di quella italiana, è fondamentale l’acquisizione dello spelling e le capacità di scrittura dipendono da quante parole si conoscono nella loro forma scritta.

Nei Paesi anglofoni la percentuale di dislessia e DSA è molto più alta che nell’italiano (17% contro 3-5%).

Considerando che l’ingresso alla scuola primaria avviene tra i 5 e i 6 anni, sappiamo che le abilità fonologiche a quell’età consentono il riconoscimento della sillaba e solo più avanti scenderanno al dettaglio del singolo suono, quando si inizia a scrivere.

Tra le attività fondamentali all’ultimo anno della scuola materna vi sono proprio l’analisi e l’allenamento fonologico:

  • Riconoscimento della sillaba iniziale e finale (treno di parole concatenate, è arrivato un bastimento carico di…, parole in rima, filastrocche);
  • Divisione sillabica (quanti salti faccio per dire “nave” e “sommergibile”);
  • Fusione e segmentazione sillabica (indovina cosa dico: “se-ma-fo-ro”);

 

L’apprendimento della letto-scrittura, in italiano parte dalla sillaba come unità minima e l’unione di 2 o più sillabe permette di formare le prime parole sia in lettura che in scrittura.

Se le basi della letto-scrittura vengono poste in inglese e da insegnanti madrelingua inglese, tale competenza non ha modo di svilupparsi adeguatamente, rendendo molto più complesso – e a volte critico – il processo di acquisizione della scrittura. I tempi di acquisizione delle regole ortografiche possono essere maggiori e alcune competenze possono essere più difficili da automatizzare (per esempio, i suoni prolungati delle doppie e gli accenti non sono presenti nella lingua inglese).

  • Se il bambino che inizia la prima è già stato esposto alla lingua inglese orale, ad esempio nella scuola materna, allora avrà già memorizzato un suo vocabolario di parole e magari è già in grado di combinarle insieme a formare frasi semplici.

Diversamente, se questo è il primo approccio, occorrerà ricordare che – nonostante l’esposizione di molte ore – avrà bisogno  di tempo per memorizzare un insieme consistente di parole che gli permetterà anzitutto di capire cosa dicono gli insegnanti.

  • L’acquisizione della padronanza di una lingua straniera richiede una esposizione giornaliera del 40-50% per circa 3 anni (lo stesso tempo in cui un bambino di pochi mesi impara la sua lingua madre), con una lunga fase di acquisizione del vocabolario e delle strutture grammaticali, inizialmente per comprendere e poi per esprimersi (prima le forme verbali idiomatiche e poi frasi sempre più lunghe e complesse).

Le parti del linguaggio che vengono imparate più tardivamente sono le strutture grammaticali (forme affermative, negative, interrogative, tempi verbali, ecc.).

Ma attenzione! Per raggiungere lo stesso livello linguistico dei bambini madrelingua inglese, il tempo necessario è maggiore e può non corrispondere al livello della classe frequentata.

Inoltre, nell’acquisizione di una L2 sono del tutto fisiologici quei fenomeni chiamati code-mixing e code-switching, cioè l’uso e il passaggio da una lingua all’altra, a seconda della disponibilità più rapida delle parole o delle forme grammaticali: ciò che è fondamentale è poter comunicare, non importa in quale lingua!!

  • L’apprendimento di una lingua straniera sarà tanto più rapido ed efficiente, quanto maggiore è il livello evolutivo nella lingua madre.

Vale a dire che per un bambino con ritardo espressivo o con disturbo di linguaggio, la proposta di una scuola primaria in lingua straniera non è opportuna o quantomeno richiede una attenta valutazione specialistica, in quanto rappresenta un fattore di rischio importante per lo sviluppo di difficoltà di apprendimento secondarie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spero di essere riuscita a trasferire qualche informazione per andare, in modo più consapevole, ad ascoltare le meravigliose iniziative delle scuole inglesi. Tali informazioni potranno esservi utili per fare qualche domanda in più agli insegnanti e alla struttura (che tipo di approccio usano per insegnare a scrivere, quanto tempo viene dedicato all’analisi fonologica, se l’insegnamento dell’italiano viene svolto da un insegnante italiano, se esiste uno specialista per DSA interno alla scuola, ecc.).

Se invece il vostro bambino ha ancora bisogno di tempo (o di intervento logopedico) per acquisire la sua lingua madre, contattate uno specialista e scegliete per il meglio, ma una scuola primaria in italiano.

No matter, the right time for English will come later!

Daniela

Daniela

Daniela Filippini. Laureata in Logopedia con lode presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia di Torino, mi occupo prevalentemente di disturbi del linguaggio e dell’apprendimento, in collaborazione con la Fondazione don Carlo Gnocchi Onlus e il poliambulatorio Oasimedica. Nel tempo libero le mie passioni sono il cinema, il teatro e gli sport di montagna.

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