Si è svolto a Torino il convegno dal titolo “Sessualità nelle dis-pari opportunità”, organizzato dall’Ordine Provinciale dei Medici e Odontoiatri di Torino. Nella cornice liberty della bellissima Villa Raby si sono incontrati medici e psicologi, istituzioni e associazioni per confrontarsi su quello che forse, è l’ultimo tabù: sessualità e disabilità.
È ancora difficile parlare di sessualità nelle persone con disabilità, sottolineando da subito che il significato di sessualità va ben oltre la sfera della genitalità.
Sessualità è un concetto ampio che include l’espressione del rapporto con il proprio corpo, della coscienza di sé come individuo, delle proprie capacità relazionali, affettive e (anche) sessuali.
Ciò significa che si tratta di una sfera totalmente personale e soggettiva che dipende dalla propria esperienza di vita e dalle possibilità espressive di ciascuno. Tuttavia per le persone con disabilità, l’espressione della sessualità è condizionata nella vita reale anche da fattori oggettivi quali:
- le difficoltà motorie o mentali
- l’isolamento relazionale
- l’iperprotezione (familiare o istituzionale)
- l’emarginazione affettiva
- gli aspetti socio-culturali.
Una persona con disabilità vive spesso in contesti chiusi, in cui le relazioni interpersonali sono focalizzate sui bisogni primari del corpo. Ci sono poche possibilità di scambio comunicativo libero, che non sia strutturato e sempre sotto gli occhi dei care giver. La persona con disabilità deve appoggiarsi ad altri in molte situazioni che coinvolgono il corpo: dall’igiene personale, alle cure medico-sanitarie, come un eterno bambino.
Se pensiamo alle oltre 70.000 persone con disabilità da lesione midollare residenti nella Regione Piemonte, dobbiamo renderci conto che stiamo parlando di donne e uomini adulti, per i quali esisteva una sessualità “prima” che la vita cambiasse.
Compito della società è creare le condizioni perché possa esistere una sessualità “dopo”, nonostante e oltre la disabilità che ha cambiato la vita.
Così come è necessario applicare in toto il concetto di inclusione alla vita sociale per le persone con disabilità congenita, che in Piemonte sono oltre 100.000.
Per affrontare il tabù Sessualità e disabilità, i pediatri e i medici di medicina generale devono iniziare a fare la loro parte.
È uno dei concetti chiave espressi dai vari interventi, in ragione del fatto che i medici di base hanno un rapporto capillare e continuativo nel tempo con il paziente e la famiglia. All’interno di questo rapporto appare fondamentale affrontare anche il tema della sessualità. Ma questo sembra essere anche per i medici un argomento del quale si parla poco e spesso con un disagio sottile da ambo le parti.
Eppure, la sfera sessuale fornisce importanti informazioni sulla salute vascolare, endocrina, neurologica, psicologica e relazionale, con sintomi di copertura per varie patologie.
Se poi il paziente è un bambino o una persona con disabilità, l’argomento viene sorvolato a favore di priorità di altro tipo, come se non esistesse.
Il medico di base è invece il primo elemento della rete sanitaria e sociale per promuovere la salute e il benessere – anche affettivo e relazionale.
Per questo è importante che sia al corrente delle varie realtà presenti sul territorio, alle quali indirizzare secondo i bisogni del momento.
L’educazione all’affettività inizia dalla prima infanzia, cioè all’interno del nucleo familiare, e si esprime favorendo la maggior autonomia possibile nella cura del proprio corpo che è il veicolo di questa espressione.
Un tassello fondamentale su sessualità e disabilità, in età evolutiva è la scuola.
All’interno della quale il progetto educativo del bambino con disabilità si concretizza attraverso lo strumento legislativo del PEI (Piano Educativo Individualizzato). Si tratta di un documento finalizzato all’inclusione scolastica, ma ha obiettivi in ambito educativo, didattico e relazionale per promuovere l’autonomia e lo sviluppo in tutte le direzioni e deve comprendere anche quella delle emozioni e dell’affettività.
Le esperienze sul territorio torinese
Sul tema sessualità e disabilità troviamo in prima linea l’Ambulatorio Disabilità dell’Ospedale Sant’Anna: si propone come contesto senza barriere e personale multidisciplinare dedicato alle persone con disabilità. Offre consulenze in materia di controlli ginecologici, contraccezione, gravidanza. In oltre 10 anni di vita, il Servizio ha accolto circa 1500 donne con un’età media di 42 anni, la maggior parte delle quali ha una disabilità motoria da lesione midollare.
L’Ambulatorio Fior di Loto, nato dalla convenzione tra ASL TO1 e l’Associazione Verba, si occupa di facilitare l’accesso ai programmi di screening oncologico ed effettua visite ginecologiche. Un servizio importante riguarda inoltre, l’assistenza delle donne disabili vittime di violenza sessuale. Si tenga presente che il rischio di abuso è 2-3 volte maggiore per donne e bambine con disabilità. In soli tre anni dal 2015 al 2018 la percentuale di donne assistite è passata dal 7 al 22%.
Il Centro prevede inoltre, un Percorso Rosa, ossia un ambulatorio ginecologico per l’età pediatrica fino ai 14 anni e accessibile anche alle bambine con disabilità.
In entrambi i centri si registra una netta minoranza di donne giovani e poche richieste di consulenza per contraccezione o gravidanza. Questo testimonia quanto ancora oggi esistano dis-pari opportunità fatte sia di aspetti socio-culturali che di ostacoli oggettivi.
Presso l’Unità Spinale del CTO è presente un ambulatorio di neuro-urologia. Nell’ambito della presa in carico del paziente con lesioni midollari, si occupa di accompagnare i pazienti nella gestione della disabilità a vari livelli comprendenti la sfera uro-genitale.
E’ importante sapere che in assenza della sensibilità genitale, il paziente può sviluppare la sensibilità di altre zone del corpo, tale da permettergli di provare piacere sessuale anche dopo la lesione midollare.
Dalle Istituzioni spicca lo sportello dedicato all’affettività, sessualità e genitorialità nell’ambito del Servizio Passepartout del Comune di Torino.
Nato circa 20 anni fa come esperienza unica in Italia, si tratta di un servizio in ambito regionale, gratuito, attualmente con 850 persone in carico, che sta registrando negli ultimi anni l’accesso di utenti più giovani rispetto al passato, segno di un cambiamento positivo del pensare comune.
Il servizio propone sportelli di ascolto, consulenza e orientamento finalizzati a promuovere lo sviluppo armonico della persona con disabilità secondo un modello interattivo e narrativo, con percorsi individualizzati sulla storia di vita della persona.
L’assistente alla sessualità: scandalo o espressione di un diritto della persona?
La presenza delle Associazioni Future is Now e ANMIL di Roma ha portato al Convegno l’aggiornamento sullo stato dell’arte di un riconoscimento legislativo del diritto ad un’assistenza sociale che consideri anche i bisogni affettivi e sessuali delle persone con disabilità.
Per sgomberare il campo da possibili equivoci, con le disposizioni della nota Legge Merlin è necessario inoltre, il riconoscimento formale di figure professionali specifiche, che possano occuparsi anche di questi aspetti così privati e delicati. L’intervento dell’assistente sessuale in alcuni paesi europei rappresenta una delle possibili risposte, ma il disegno di legge a suo tempo presentato (2014) al Parlamento italiano è decaduto con l’avvicendarsi delle varie legislature.
Il presupposto è che il progetto di salute e inclusione sociale nei termini sanciti dall’OMS (benessere bio-psico-sociale) non può prescindere in alcun modo dal diretto interessato in ogni fase della sua vita, con gli strumenti personali e relazionali che possiede in ciascun momento. Esso deve essere tutelato nei fatti da un intreccio di reti medico-sanitarie, sociali e assistenziali a servizio della famiglia e dell’individuo, anche e soprattutto nei casi delle dis-pari opportunità, nonostante di sessualità se ne parli a bassa voce.
La strada è ancora lunga, ma questo Convegno si è espresso in modo forte e chiaro.
Foto di copertina: https://www.mymovies.it/film/2017/theshapeofwater/