L’11 Febbraio è una data molto importante per la Comunità Scientifica (e non solo): ricorre, infatti, la Giornata Internazionale delle Ragazze e delle Donne nella Scienza.
Per celebrare l’occasione, ci è sembrato doveroso intervistare Sara Sesti, docente di Matematica e membro dell’Associazione “Donne e Scienza”. A conferma del suo grandissimo impegno per la causa, Sara Sesti è stata curatrice per il PRISTEM dell’Università Bocconi di Milano della mostra “Scienziate d’Occidente. Due secoli di storia.”.
È stata, inoltre, responsabile per l’Università Statale della rassegna di film “Vedere la Scienza – Sguardi sulle Donne di Scienza” e ha pubblicato, con Liliana Moro, il libro “Scienziate nel tempo. 100 biografie” edito Ledizioni. Potete, infine, seguirla sulla pagina Facebook da lei curata “Scienziate nel Tempo”, che ha ricevuto l’importante premio “Immagini amiche”, istituito dall’Unione Donne Italiane con il patrocinio del Parlamento Europeo che premia la comunicazione realizzata attraverso un’immagine positiva, senza stereotipi di genere e senza immagini sessiste.
Abbiamo avuto il piacere di intervistarla e di entrare un po’ di più nel merito, non solo della sua carriera personale, ma anche dell’aspetto fondamentale legato alla partecipazione attiva delle Donne nella Scienza.
Quando è nato in Lei l’interesse per la matematica?
Fin da bambina consideravo la matematica un bel gioco. Da adolescente ribelle e confusa vi trovavo le uniche certezze: un mondo perfetto in cui rifugiare le mie inquietudini. Mi ha sempre incantato la possibilità della matematica di generalizzare i concetti e l’astrazione che questo procedimento implica. Pensi all’equazione di Einstein: E=mc2. Io la trovo bellissima: è semplice, eppure molto potente. Contiene la spiegazione dell’universo. Mi affascina il linguaggio matematico e sono sempre stata orgogliosa di far parte di coloro che lo padroneggiano.
Come si spiega la scarsa presenza femminile nella storia della Scienza?
Le donne si sono occupate di scienza fin dall’antichità, ma sono state a lungo delle eccezioni perché i luoghi di produzione del sapere, fino alla metà dell’Ottocento, sono stati riservati esclusivamente agli uomini. Prima di allora le ragazze non venivano istruite, ma solo educate a ricoprire il ruolo di mogli, di madri e di brave padrone di casa. L’apertura delle università alle donne, avvenuta nel 1867 all’Ecole Politécnique di Zurigo, è stata un’occasione molto importante, non solo perché ha riconosciuto finalmente il loro diritto all’istruzione superiore, ma anche perché da quel momento il contributo femminile alla ricerca scientifica ha potuto consolidarsi ed estendersi. Prima di allora, le scienziate che riuscivano ad affermarsi provenivano per lo più da famiglie molto facoltose e colte ed erano quasi sempre affiancate da una figura maschile molto importante, in grado di fornire loro l’istruzione che veniva negata dalle istituzioni. Ricordo le coppie formate da Ipazia e dal padre Teone, il grande matematico; da Caroline Herchel e dal fratello Wilhelm, i pionieri dell’astronomia, dalla Marchesa du Châtelet e dall’amico Voltaire, o dai coniugi Lavoisier, fondatori della chimica moderna.
Insieme a Liliana Moro ha pubblicato un libro dal titolo “Scienziate nel tempo. 100 biografie”. Com’è nata l’idea del libro e con quale criterio sono state scelte le scienziate da prendere in esame?
Il libro Scienziate nel tempo è l’esito di una ricerca iniziata all’Università Bocconi nel 1997 e proseguita poi all’Università delle Donne di Milano. Allora insegnavo Matematica al Liceo Scientifico e potevo constatare quotidianamente che nell’immaginario comune la scienza continuava ad avere un volto maschile e che le ricercatrici continuavano ad essere assenti dai libri di testo. Per rimediare a questa cancellazione, ho cominciato la mia ricerca sulla presenza delle donne nella scienza, interrogando le loro vite. Il saggio traccia un percorso storico dall’antichità ad oggi, in cui si evidenziano 70 biografie: da Teano di Crotone, moglie di Pitagora, che assunse la guida della scuola pitagorica alla morte del marito, fino a Maryam Mirzakhani, ricercatrice iraniana, che ha ricevuto nel 2016 la Medaglia Fields della matematica, passando per le venti Nobeldonne, le scienziate che finora sono state insignite del Nobel.
Se c’è, qual è la sua scienziata preferita, o quella in cui si rispecchia maggiormente?
Amo molto Hedy Lamarr, attrice e inventrice del Wi-Fi. Negli anni Trenta era considerata la donna più bella del mondo e dimostrò di avere una mente geniale. E’ quanto di più lontano dallo stereotipo della scienziata poco femminile, per questo l’ho scelta come copertina del libro. Lasci che le racconti la sua vita straordinaria. Era nata a Vienna nel 1914 da un’aristocratica famiglia ebrea. Fin da bambina, il padre le spiegava le meravigliose scoperte scientifiche dell’epoca così Hedy si appassionò alla tecnologia tanto da iscriversi, da ragazza, a ingegneria. Scoperta da un regista, interruppe gli studi per intraprendere una carriera da attrice.
Sposò in prime nozze un ricco mercante d’armi, ma lo lasciò quando scoprì che vendeva armi a Hitler e Mussolini. Scappò a Hollywood dove iniziò a lavorare, con fortune alterne. Di sé diceva: “Non è difficile diventare una grande ammaliatrice: basta restare immobile e recitare la parte dell’oca”. Ma oca non lo era affatto e nel tempo libero si dedicava alle invenzioni.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale, per opporsi al regime nazista, decise di cercare un metodo per impedire che i siluri tedeschi colpissero le navi degli alleati. Inventò un sistema di salti di frequenza, per evitare le intercettazioni delle onde radio. Lo realizzò concretamente con l’aiuto di George Antheil, pianista d’avanguardia, che divise il campo delle frequenze in 88 “canali”, tanti quanti i tasti del pianoforte. Posero così le basi di una tecnologia d’avanguardia, lo “Spread Spectrum” che fu brevettato nel 1942.
Solo negli anni Novanta la sua invenzione è stata recuperata e valorizzata: quando è stata applicata per ridurre le interferenze nella telefonia cellulare e per realizzare il Wi-Fi e le reti wireless. Nel 1998, poco prima di morire, Hedy Lamarr fu premiata per la sua invenzione e, quando la informarono, disse solo: “Era ora”. Finalmente le è stata restituita una immagine all’altezza del suo ingegno.
Perchè la nostra società ha bisogno di una Giornata Internazionale delle Ragazze e delle Donne nelle Scienze?
Se chiediamo a una bambina: “Cosa farai da grande?” Difficilmente risponderà: “la scienziata”. Ricerche recenti, dimostrano che già a 6 anni le bambine non si sentono adatte alla scienza, non perché non lo siano realmente, ma perché il mondo esterno le fa sentire inadeguate fin da quando si regala loro una bambola invece che un altro gioco. Anche sulle scelte delle ragazze e sulle loro carriere influiscono vecchie convenzioni sociali e pregiudizi culturali che le ritengono più adatte alle materie umanistiche, duri a morire. La Giornata Internazionale delle Donne nelle Scienze vuole promuovere una maggior partecipazione di donne e ragazze agli studi e alle professioni scientifiche, soprattutto nelle cosiddette STEM (fisica, ingegneria, matematica, tecnologia) che prospettano un futuro ricco di possibilità di impiego. Nonostante alcuni recenti progressi, come l’aumento del numero di laureate, il raggiungimento dell’uguaglianza e della parità nella scienza resta una sfida per la politica e la comunità scientifica. Risolvere il problema non è semplice: a mio avviso, bisogna intervenire su più fronti: sull’educazione in famiglia, sull’istruzione a scuola e sui modelli culturali nei Media. Sono necessarie anche politiche di sostegno per le donne nel mondo del lavoro e soprattutto bisogna sollevarle dai compiti di cura. Dal mio canto, ritengo importante fornire alle ragazze modelli positivi di ricercatrici che si sono realizzate ignorando discriminazioni e pregiudizi. Il mio contributo alla Giornata sarà una conferenza-spettacolo dal titolo “Scienziate nel tempo. Chi lo dice che le donne non amano la scienza?” che terrò al Pacta Salone dei Teatri di Milano, proprio l’11 febbraio, alle ore 20.45. Un viaggio avventuroso nell’altra metà della scienza per dare volto e voce a tante protagoniste dimenticate o sottovalutate.
Qual è il contributo reale e concreto che le Donne possono dare alla Scienza?
In qualunque settore le donne siano presenti, portano contributi altrettanto importanti dei loro colleghi. Pensi solo alle italiane: la fisica Fabiola Gianotti ha guidato il Progetto Atlas che ha provato l’esistenza del “bosone di Higgs”, una ricerca da Nobel, e ora è la prima donna a dirigere il CERN di Ginevra. La virologa Ilaria Capua ha messo a disposizione la sua scoperta del virus dell’influenza aviaria gratuitamente, contrariamente alla norma che brevetta e quindi fa pagare i risultati. Elena Cattaneo, medica, ricercatrice sulle malattie neurodegenerative e senatrice a vita, fa un importante lavoro di ricerca e di divulgazione scientifica su temi scottanti e controversi, come i vaccini, l’uso degli OGM e delle cellule staminali. Amalia Ercoli-Finzi, prima donna laureata in ingegneria aeronautica in Italia è consulente scientifica della Nasa e dell’Esa e ha progettato il trapano che, nella missione spaziale Rosetta, ha permesso di analizzare di che materia è fatta una cometa. Samantha Cristoforetti col suo viaggio nello spazio è stata sia cavia che scienziata. Il suo ruolo è molto importante: è stata definita “l’italiana che cambierà i sogni delle bambine”. E il mercato ha già raccolto la sfida: la Mattel ha appena lanciato la Barbie-Samantha, una bambola con tanto di capelli neri a caschetto e tuta spaziale che può aiutare le bambine ad alzare gli occhi al cielo.
Che consigli si sente di dare alle giovani che vogliono intraprendere una carriera nella scienza?
A mio avviso oggi il talento non basta: servono autostima e coraggio. Qualità che non mancano per esempio a Greta Thunberg, la studentessa svedese diventata famosa in tutto il mondo per i suoi sit-in davanti al Parlamento e per i suoi scioperi a scuola, contro l’emergenza climatica e ambientale. Lo fa dall’agosto 2018, ogni venerdì. La sua protesta sta avendo un seguito enorme tra i ragazzi di tutta l’Europa. Al recente Forum economico di Davos, ha lanciato un durissimo monito ai potenti della terra. Spero che, armate di coraggio le giovani studiose e ricercatrici della scienza diventino un’onda che sale, lentamente, ma in modo inarrestabile e che sfonderà i soffitti di cristallo che ne ostacolano l’ascesa.
Questo è esattamente ciò che anche la nostra redazione si augura, per permettere a tutte le talentuose Donne nella Scienza di emergere e portare il loro prezioso contributo nella Ricerca Scientifica.