Rivara è un paesino di neanche tremila anime appoggiato alle basi delle montagne che attorniano Cuorgnè, nel Canavese, al limitare dei boschi che ricoprono le pendici delle Alpi. Nonostante la sua quasi millenaria storia, sarebbe soltanto un grazioso paesino come tanti se non avesse un castello che, presente fin dal XII secolo, sovrasta l’abitato in maniera gentile, contribuendo ad abbellire il paesaggio. In realtà i castelli sono due: l’originario di epoca e stile medievale, il secondo molto più ampio, rinnovato e abbellito nel corso dei secoli, fino a una revisione ottocentesca. Dopo vari passaggi di proprietà, dal 1985, è sede di una delle più importanti collezioni di Arte Contemporanea d’Italia.
Lì abita Franz Paludetto, esperto gallerista, e lì, l’antivigilia di quel Natale, si stava dirigendo la vecchia auto della signora Elena, la fioraia del paese. A bordo, lei, l’amica Fernanda, le figlie di entrambe, Giulia e Federica e altre tre compagne di scuola che avevano fatto il diavolo a quattro per andare con loro. Per il paio di chilometri scarsi che c’erano dal centro al castello, non valeva la pena di essere rigidi sul numero degli occupanti la vettura e le bimbe, tutte eccitate settenni si erano sistemate ridendo come matte sul sedile posteriore.
Elena si fermò nel piazzale di ghiaia che divide la facciata ottocentesca dal grande prato del parco che contorna il castello; il Gallerista le attendeva davanti al portone aperto al di sotto della doppia scalinata che porta al piano nobile.
Dalla macchina, in un baleno scesero vociando le bambine, felici di essere finalmente arrivate, tanto che le madri dovettero fare la voce grossa per calmarle.
«Buonasera signor Paludetto – disse Elena – siamo arrivate, come sente» e sorrise indicando le bambine che facevano fatica a stare zitte anche soltanto per un attimo.
«Entrate, prego, che fa freddo. – rispose sorridendo a sua volta il Gallerista – Accomodiamoci in casa, vi offro qualcosa di caldo».
Le fece entrare e le portò in una grande stanza che fungeva da salotto di ricevimento. Sul tavolo c’erano in bella vista un vassoio di biscotti, una brocca con una fumante cioccolata per le bambine e una macchinetta del caffè per gli adulti.
«Lei è troppo gentile, non doveva disturbarsi».
«Nessun disturbo, le assicuro. Bambine, prendete pure un biscotto se lo volete».
Le bimbe non se lo fecero ripetere due volte e corsero a prendere quanto offerto, controllate da Fernanda che si mise a versare la cioccolata nei bicchierini di plastica.
«Bene, intanto che prendiamo il caffè, cara Elena, può darmi qualche informazione in più su questa visita? Mi ha chiesto un appuntamento ma è stata molto vaga, al telefono».
«Ha ragione, signor Paludetto, mi scuso, ma… ero sicura che non mi avrebbe creduta e non ci avrebbe fatto venire».
«Addirittura!» esclamò il Gallerista, divertito. «Bene, sono tutto orecchie».
Racconto tratto dall’Antologia “Natale a Torino Quindici Storie intorno alla città”
Pubblicato da Neos Edizioni http://www.neosedizioni.it/