«Dobbiamo andare adesso – rispose Elena che non sapeva cosa rispondere – con tutta questa neve sarà un problema tornare a casa. La ringraziamo davvero tanto, di tutto».
«Mamma, mamma, vieni a vedere» urlò Giulia correndo a prendere Elena per un braccio e portarla davanti alla vetrata che dava sul grande prato.
Nonostante la fitta nevicata, sotto la luce di un lampione, in fondo, vicini agli alberi si vedevano sei renne attaccate a una grande slitta. Di fianco a questa una corpulenta figura vestita di rosso stava parlando con una più esile vestita di giallo, dalle forme femminili. Dopo un attimo entrambe salirono sulla slitta, che trainata dai grossi animali, scomparve alla vista.
Ci fu un lungo momento di assoluto silenzio. Tutti avevano visto la slitta con il suo carico scomparire nella tormenta e a qualcuno era parso che la donna, si fosse voltata, per alzare un braccio in segno di saluto.
Ma rimase un’impressione, più che una certezza.
Fernanda era con le mani sul viso e non faceva che mormorare “Mio Dio, mio Dio”. Le bambine ruppero a una a una il silenzio per gridare felici che “era Babbo Natale, era Babbo Natale con la nostra maestra, li abbiamo visti! Erano loro. Ci portano i regali, ci portano i regali”.
Elena annuì alla figlia, sorrise e non disse nulla. Nemmeno il Gallerista. Non ce n’era bisogno. Si salutarono e lui rimase a guardare l’auto che scendeva in paese per la strada innevata come in un paesaggio scandinavo.
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Si alzò di buon mattino, alla fine di una notte agitata, e si affacciò alla finestra. Gli alberi del parco erano carichi di neve, il prato coperto da uno strato di polvere bianca e fredda alta mezzo metro, il sole alto nel cielo.
Il Gallerista aveva passato gran parte della serata a pensare a quanto era successo, poi era salito in biblioteca e aveva trovato un libro che parlava della storia del Castello di Rivara. Aveva letto che sul finire del Medio Evo il castello era stato sede dell’Inquisizione e che nell’agosto del 1474, quattro donne furono condannate per stregoneria; tre morirono sul rogo, una sola riuscì a fuggire durante l’interrogatorio e non venne mai più trovata.
Si chiamava Margarota, secondo altri Margherita, sposata Braya.
Il Gallerista si staccò dalla finestra, tornò lentamente verso la scrivania e carezzò con una mano la pagina aperta del vecchio libro.
A margine del capitolo che riguardava l’episodio di quell’anno lontano, lesse ancora una volta le parole sbiadite ma chiare, scritte a matita, i caratteri rotondi e morbidi di una calligrafia femminile: “Grazie. Buon Natale, Franz”.
Se sei partita dal fondo e non hai ancora letto le puntate precedenti, male, ma puoi rimediare partendo dalla prima puntata
Per le altre naviga il sito, siamo sicure che ti piacerà tutto il racconto e speriamo ti piaccia tutto il nostro blog.
Racconto tratto dall’Antologia “Natale a Torino Quindici Storie intorno alla città”
Pubblicato da Neos Edizioni http://www.neosedizioni.it/