Il Natale di Giulia

«Io non so cosa dirle, signora. Sono davvero impressionato, non ho mai conosciuto delle bambine così, così…».

«Non lo dica a noi, che è una settimana che ci chiediamo cos’altro le abbia fatto» intervenne Fernanda, visibilmente spaventata.

«Come posso esservi utili, Elena? Perché siete qui?».

«Perché questa maestra Margherita ha detto alle bambine che abitava al castello e che se fossero venute prima di Natale, le avrebbe fatto un bel regalo».Natale e supplente

Il Gallerista guardò Elena come se le avesse parlato di marziani.

«Si sbaglia, signora. Qui al castello non è mai venuta a abitare nessuna maestra, glielo assicuro».

«Non solo – insisté Elena – Ha specificato che stava nel Castello Vecchio, non in questo. Ora capisce perché siamo venuti da lei, signor Paludetto? Ci dia una mano a capire, sempre che sia possibile. Ci porti al castello vecchio, glielo chiediamo per favore».

«Il castello vecchio ospita una mostra permanente, – obiettò – non vedo come possa aver detto una simile sciocchezza».

«Non lo so, ma ormai siamo qui.  Non ci vorranno più di cinque minuti, la prego».

Il Gallerista rimase in silenzio, guardò Elena, Fernanda, poi le bambine. Aveva quattordici occhi addosso e la testa confusa come non mai. Quello che aveva sentito con quelle bambine matematiche e poliglotte era sbalorditivo. Aveva ragione Elena. Se le avesse raccontato al telefono tutto quanto non le avrebbe creduto. Questa storia della supplente venuta dal nulla e con doti così straordinarie era obiettivamente incredibile. Lui nemmeno la conosceva, perché aveva detto di abitare in un luogo che non era abitazione da decenni, un vecchio castello totalmente dedicato alle opere d’arte?

Non quadrava per niente, proprio per niente. Erano sotto Natale, quale regalo più grande delle conoscenze che aveva loro insegnato avrebbe potuto donare a quelle bambine? Era combattuto se congedarle e lasciar perdere tutta la faccenda o andare fino in fondo a questo mistero.

«Seguitemi» disse, optando per la seconda.

Uscirono dalla stanza, e si prepararono a attraversare il cortile che separa i due edifici.

«Mamma, guarda, nevica!» esclamò Giulia, felice per la sorpresa. «La maestra ce l’aveva detto, sarebbe stato un vero Natale, con tanta neve. Che bello!».

Aveva iniziato a nevicare, a larghe falde e già il prato iniziava a imbiancare. Gli adulti si guardarono, l’ultimo bollettino meteo dava tempo asciutto fino a Capodanno, senza tracce di alcuna precipitazione. I vecchi del paese erano settimane che si lamentavano per quell’inverno anomalo, caldo e secco.

Prima di uscire Elena chiese al Gallerista di parlargli in disparte, a quattrocchi. Fernanda, che sapeva, badò ancora una volta alle bambine, che si vestissero per bene, prima di uscire al freddo.

«Devo ancora farle vedere una cosa. – disse Elena, quando si furono allontanati di tre passi. – Il penultimo giorno di scuola la supplente ha portato la classe a fare un’uscita didattica nei boschi, qui dietro il paese. Quando è tornata a casa Giulia mi ha raccontato cose pazzesche, senza senso: incontri con gli animali, giochi con gli gnomi che gli hanno offerto dei dolci, fate grandi come passeri che si posavano sulle loro mani. Io non le ho creduto, ovviamente, così il giorno dopo la maestra si è fatta dare il numero del cellulare dalla preside e mi ha mandato queste. E a me sono venuti i brividi».

Aprì whattsapp e gli porse lo smartphone: “Signora Elena, ricordi che i bambini raccontano soltanto ciò che hanno visto, sono menti pure. Le lasci nell’incanto dei loro anni, dura così poco l’infanzia! E dia fiducia a Giulia, è una ragazzina che le darà molte soddisfazioni. Un caro saluto”. I successivi messaggi erano due fotografie, una che ritraeva Giulia e Federica sorridenti a cavallo di un cervo sulle cui corna era appollaiato un gufetto che le guardava e l’altra che mostrava le bambine che giocavano con un lupo enorme, disteso sulla schiena che si faceva accarezzare la pancia come un cagnolino da salotto, con la bocca aperta e la lingua penzoloni.

Paludetto rimase esterrefatto. Erano fotografie paradossali come lo era tutta la faccenda. Ora era lui che voleva andare al Castello Vecchio, e di corsa.

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Racconto tratto dall’Antologia “Natale a Torino Quindici Storie intorno alla città”

Pubblicato da Neos Edizioni http://www.neosedizioni.it/

Ospite

Ospite

Ernesto Chiabotto è nato nel 1958 e vive a Torino, città di cui è perdutamente innamorato e che fa da sfondo alle storie che inventa. Divorziato e convivente, ha due figli, ormai grandi, che adora. Ha pubblicato nel 2010 “Collezione (quasi) privata”, una raccolta di racconti, alcuni dei quali sono stati premiati in vari concorsi, quali “Delitto di autore”, “Premio Città di Torino” e “Parole per scrivere” e “Slussi 'd poesia”. Nel 2014 ha pubblicato Il Custode, romanzo con i quale ottiene il 2° premio per la prosa edita al “premio Città di Torino 2015” e una “Menzione d'onore della giuria 2015” al concorso “Baia dell'arte” di Portovenere. Ha partecipato con vari racconti alle antologie “Natale a Torino” nel 2016, 2017 e 2018 per la Neos Edizioni.

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