«Fernanda ci pensi tu a loro, vero? – disse Elena, e ricevuto il consenso iniziò a parlare – Devo partire dall’inizio: appena dopo le vacanze dell’Immacolata, la maestra della classe di mia figlia Giulia si è dovuta assentare per motivi di famiglia. Così, in fretta e furia, la preside, che tra l’altro è una mia amica, ha dovuto provvedere, chiedendo una supplente al Provveditorato».
«E fin qui è tutto regolare» osservò Paludetto.
«Certo. E l’hanno trovata subito. Nel giro di un giorno è arrivata questa supplente, che alla mia amica preside è piaciuta subito e ancor di più alle bambine che l’hanno subito accettata, anzi erano entusiaste».
«Positivo anche questo, direi» disse il Gallerista che non capiva il nesso tra le faccende scolastiche e quella visita.
«Sì. Ma ora arriva il bello. Giulia era euforica, si figuri che al mattino, quando andavo per chiamarla, la trovavo sveglia come un grillo, già quasi vestita, che non vedeva l’ora di andare a scuola. Di solito la devo tirare giù dal letto a cannonate, con capricci che non le dico».
«Beh, ogni tanto fa piacere incontrare un’insegnante capace di entusiasmare gli alunni – osservò Paludetto – ma mi permetta di dirle che ancora non capisco cosa c’entro io».
«Già…» rispose Elena, che era a disagio, consapevole di dover arrivare velocemente al punto e contemporaneamente timorosa di farlo. Lanciò uno sguardo all’amica che ne condivideva lo stato d’animo.
«Senta, siamo un po’ confuse, credo sia meglio far parlare le bambine. Le dico soltanto che fanno la seconda elementare».
Le chiamò e le fece sedere per terra di fronte a loro. Le bimbe erano eccitatissime.
«Ora fate vedere a questo signore cosa vi ha insegnato la maestra Margherita?»
«Sììììì» risposero in coro le piccole.
«Cominciamo dalla aritmetica: quanto fa 5 per 7?».
Una selva di mani si alzò e risposero tutte insieme: «35!».
«Bravissime» disse Elena, ma parla una per volta, va bene? 8 per 7?».
Tutte le mani in alto.
«Giulia…».
«56 » rispose la bambina.
«Ora più difficile: 7 per 12? Caterina, rispondi tu».
«84» disse sicura, in mezzo a una selva di braccine alzate.
«Brava. Adesso ancora più difficile: 13 per 56?»
«728!» rispose un’altra bambina senza aspettare e sollevando le proteste delle altre.
Il Gallerista era perplesso, Elena capì che era sulla strada giusta e andò oltre.
«E ora ancora più difficile, vediamo chi risponde. – disse sorridendo – Quanto fa 6298 diviso 67?».
Tutte le bambine sollevarono la mano istantaneamente. Il Gallerista non credeva ai suoi occhi.
«Federica?» disse Elena
«94» rispose Federica, senza esitazioni.
«Impressionante. Ma come è possibile?» chiese Paludetto che era rimasto a bocca aperta.
«Non lo so – rispose Elena – ma non è finita qui».
E rivolgendosi alle bimbe, che si stavano divertendo un sacco, chiese:
«Chi lo sa quale è… la radice quadrata di 3900?».
«Io, io, io» urlarono tutte. Poi Alessia che non aveva ancora risposto non si trattenne «62,45!»
«Non è valido, non ti ha chiamata» protestò Giulia, risentita, mentre Alessia rispondeva con una linguaccia.
«Bambine, calma, siete state bravissime. – intervenne Elena cercando di sedare gli animi. – Ora facciamo un altro gioco, così facciamo vedere a questo signore cos’altro avete imparato».
Il Gallerista non sapeva cosa aspettarsi, già quel che aveva sentito era stupefacente. Elena si alzò e andò a prendere su un tavolino un voluminoso libro di arte.
«Scusi Elena, ma quel libro è scritto in inglese…».
«Appunto. Ora vedrà».
Aprì a caso e chiese a Giorgia, che non aveva ancora parlato, essendo timidissima, di avvicinarsi e leggere dove indicava col dito.
«In Kiefer’s paintings do not appear almost never human figures, in fact, he prefers to paint the places, the landscapes, environments where the tragedies of history are worn.» lesse la bimba con una perfetta pronuncia oxfordiana.
«Grazie Giorgia, vai di nuovo a posto. Ora, Giulia, mi traduci per il signore?».
«Va bene mamma. – Si alzò per sedersi in braccio alla mamma, prese il libro e senza batter ciglio iniziò – Nei quadri di Kiefer non appaiono quasi mai figure umane, egli, infatti, predilige dipingere i luoghi, i paesaggi, gli ambienti dove le tragedie della storia si sono consumate».
«Grazie tesoro, basta così. Ha sentito? – disse rivolta a Paludetto che era rimasto senza parole, sbalordito – E sarebbe stato lo stesso se avessi preso un libro in francese, tedesco o spagnolo. Hanno sette anni e ognuna di loro parla almeno due lingue, ora, dopo che questa supplente gliel’ha insegnate. Come abbia fatto, in sole due settimane, è un mistero».
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Racconto tratto dall’Antologia “Natale a Torino Quindici Storie intorno alla città”
Pubblicato da Neos Edizioni http://www.neosedizioni.it/