In competizione con chiunque per qualunque cosa, per raggiungere un traguardo che non sempre è una vittoria.
Nella vita non quadra tutto come in matematica e il più non è sempre positivo, mentre sembriamo essere sempre in gara su tutto: il più bello, il più veloce, il più elegante, il più sveglio, il più intelligente.
Quello più bravo a cucinare, a scrivere, a disegnare, a lavorare, così l’attacco d’ansia è dietro l’angolo. Lo stress ci divora ed è una continua competizione. E’ una corsa, dove spesso si fa poca attenzione agli altri concorrenti e al percorso. L’importante è vincere, non importa come. Si corre e si lotta e non ci fermiamo mai e non ci chiediamo cosa e come si vince?
Una competizione alternativa
Qualche volta invece, dovrebbe trionfare la parte negativa, quella mancanza che fa la differenza, quel meno che diventa un’aggiunta. Il meno imbarazzante, il meno arrogante, il meno esibizionista, il meno egoista. Questa sorta di equilibrio dovrebbe essere insegnata già a scuola.
La corsa diventerebbe una camminata, con il piacere di guardarsi attorno e non solo allo specchio, godendosi il panorama e rispettando chi e cosa si trova sulla propria strada. Tutto nella vita dovrebbe ruotare attorno a questo equilibrio.
L’ansia da prestazione rovina, fa danni, a volte irreparabili, e lascia tracce incancellabili. Chi ha lo spirito giusto vince senza competere. “Nessuno mi deve battere” dice chi ha la competizione come modo di vivere, ma rischia di non essere mai appagato e soddisfatto.
Sentirsi superiore nasconde mancanze e debolezze che una gara e un’eventuale vittoria non riusciranno mai a compensare.
Personalmente amo partecipare e se vinco sicuramente mi fa piacere, ma ritengo che la competizione sia interessante quando è sana, quando mi arricchisce, quando mi lascia qualcosa. Il posto in classifica serve a farmi capire “a che punto sono” e non “chi sono”.
Parto da qui e vado avanti
Le relazioni, i rapporti, gli incontri hanno tutti i segni: ci si aggiunge, ci si moltiplica, ci si divide, ci si sottrae.
Il segreto sta nell’usare il segno giusto al momento più opportuno. Il più e il meno fanno il totale, ma se si moltiplica per zero, il risultato è il nulla.
Se la competizione fosse sempre con noi stessi, anzichè con gli altri, avrebbe comunque il segno positivo in quanto aiuterebbe a migliorarci. Quindi, rivalutiamo il negativo, proviamo ad usare il “meno” per arricchirci.
Provate allora a riflettere su quanto diceva Montesquieu:
Se volessimo solo essere felici, sarebbe facile. Ma vogliamo essere più felici degli altri, e questo è quasi sempre difficile, perché pensiamo sempre che gli altri siano più felici di quanto sono.
Ha ragione no?