Perché il riordino secondo il metodo Marie Kondo non funziona per gli artisti

A volte non facciamo ordine e accumuliamo senza mai buttare perché non vogliamo liberarci di ciò che scoperchiato farebbe troppo male. Per Marie Kondo, guru mondiale del riordino, la ricetta è facile, basta sparpagliare una categoria d’oggetti per terra, prenderne uno alla volta in mano, e se non ci trasmette allegria, possiamo ringraziarlo e liberarcene per sempre.

Ma cosa ne sa Marie Kondo di quel che provo io dinnanzi ai miei oggetti, alla mia polvere e al mio ciarpame?

Se fossi una manager – stile Samantha di Sex and the City per intenderci – allora forse con 5 tailleur nell’armadio, una borsa Louis Vuitton, un collier di perle e un Mac avrei tutto l’occorrente per affrontare ogni sfida quotidiana.

Dal momento che in questa vita mi trovo ad essere un’attrice, come spiegare a Marie Kondo che ogni vecchio indumento può nascondere un personaggio che un giorno potrebbe aver bisogno proprio di quell’orribile gonna per rivelarsi? Che quel carillon stonato potrebbe essere l’inizio di una scena bellissima e che quella foto spiegazzata, dimenticata da anni in fondo al cassetto, potrebbe darmi l’ispirazione per un laboratorio sull’autobiografia?

Come spiegare che nel mio mondo, è proprio da questi oggetti inutili, rotti o démodé che talvolta emergono le migliori intuizioni creative?

Credo che ogni artista almeno una volta nella vita si sia trovato nella condizione di dover sradicare un pezzo di casa sua per improvvisare una scenografia. Una volta, in emergenza per salvare la buona riuscita di una performance, ho persino smontato il divano dal mio salotto per rimontarlo in un museo.

Marie, oh Marie se fossi capace di seguire alla lettera i tuoi consigli sarei, senza dubbio, una persona più efficiente e operativa. Temo, però, che per essere il tipo di donna che vive in una casa algida e minimalista, coi calzini felici arrotolati come sushi nei cassetti, il prezzo da pagare sarebbe troppo alto.

Non potrei rinunciare alla mia polvere, nei cui granelli io esploro nuovi pianeti, galassie di possibilità.

 

Alessandra Simone
Alessandra Simone – Fotografia di Andrea Macchia

Il riordino uccide la creatività?

Mi chiedo se sia proprio in una certa idea di accumulo e caos che si nasconda ogni sorta di intuizione creativa o se questo sia solo un patetico cliché per giustificare la scabrosa sciattaggine di alcuni scorci di casa mia.

Una cosa è certa. Da quando tre anni fa ho letto il tuo libro, la mia vita è cambiata. Come da manuale ho riempito sacchi e sacchi di indumenti e si, lo ammetto, tenevo ancora i Lewis 501 delle medie (sperando di entrarci di nuovo dentro prima o poi).

Ho anche fatto il funerale ad un paio di peluche, seguendo il tuo protocollo di coprirli con un fazzoletto prima di gettarli via. Fin qui tutto regolare.

La cosa inquietante è che da quando ti ho letta, Marie, mi sento continuamente spiata da un occhio esterno mentre riordino, una sorta di “big brother orwelliano” che mi perseguita.

Ti sento sempre col fiato sul collo, come all’esame di guida, quando sai che basta un tentennamento nella partenza in salita e l’ingegnere seduto dietro ti mette fuori gioco.

E’ come se una voce dentro di me mi ripetesse che sto perdendo tempo. Che dovrei limitarmi a percepire l’energia che mi trasmette la vecchia agenda del 2014.  Che non dovrei sfogliarla, una pagina alla volta e indugiare su ogni nota, ogni appunto o scarabocchio, incontro, riunione, progetto, cancellatura. D’altro canto, sfogliare un anno col senno di poi, può diventare una buona sessione di autoanalisi e per giunta gratuita.

Scorrendo gli impegni vedo passare in sovraimpressione, progetti, appuntamenti, speranze, delusioni, amori, tradimenti e come nei sottotitoli di un film percepisco a colpo d’occhio gli accadimenti importanti di quell’anno, cosa mi ha reso felice e chi mi ha deluso.

riordino
Abito di scena realizzato per Alessandra Simone da Lago Fiorito https://www.facebook.com/392456324531129/

Il riordino s’intoppa nelle emozioni

Questo tipo di divagazioni rendono il lavoro di riordino lungo e complesso e mi ritrovo a ripensare profondamente la mia vita.

Marie dammi solo un attimo ancora e smetto lo giuro.

Il fatto è che proprio in quest’agenda del 2014, ritrovo anche quei preziosi appunti che credevo perduti per sempre e mi devi concedere un quarto d’ora per trascriverli sul pc.

Certamente non posso soffermarmi su tutto.

Devo sbrigarmi, ma non è colpa mia se mentre sto per buttare una vecchia Moleskine del 2010 spunta una di quelle lettere scritte e mai consegnate, destinata ad un’amica che mi aveva profondamente deluso. Improvviso un atto psicomagico. Come in un raptus, decido di bruciare la lettera, sul balcone e mentre spero che i vicini non chiamino i pompieri, presidio le fiamme e sento che qualcosa dentro si alleggerisce… Che posso perdonare!

Non solo quell’amica, ma anche quella me stessa che da giovane si è presa troppo sul serio, che ha dedicato troppo tempo per star dietro a burocrazie noiose, inutili reclami, richieste di risarcimento mai ottenute, amori malsani.

E che posso perdonarmi anche ora per il mio non saper gettare via le cose come vorrebbe Marie Kondo.

 

Articolo scritto da Alessandra Simone

L’immagine di copertina è tratta dallo spettacolo “Storie di Sabbia e Carbone” dell’Associazione Ellissi Parallele di Alessandra Simone e Zahira Berrezouga

Redazione

Redazione

Torna in alto